Roma e l'Umanità

Ricostruzione della Roma imperiale

Ad un certo punto della sua gloria storia, per l'esattezza nel corso del IV secolo, all'interno dell'Impero romano alcuni intellettuali incominciarono a sostenere che l'Impero non doveva solo essere uno stato che si limitasse ad amministrare la cosa pubblica e a fare la guerra ai nemici esterni, ma soprattutto farsi portatore di valori di umanità, sviluppo e clemenza e non solo con i cittadini, ma anche verso gli altri popoli. L'imperatore doveva essere promotore del progresso di tutta l'umanità e non solo dei suoi sudditi, perciò non doveva solo combattere e vincere i nemici, ma aiutarli a svilupparsi, per poi diventare in futuro, parte di Roma. D'altronde, tutti i popoli o civiltà che entrarono in contatto con Roma, cercarono di conseguire la felicità e il benessere dell'Impero che sembrava invincibile. Infatti, i popoli barbari non volevano distruggere, ma al contrario volevano entrare all'interno dei suoi confini. Ovviamente, non tutti erano d'accordo con questo pensiero, specialmente i militari, ma molti almeno in pubblico facevano finta di sostenerlo. L'apporto del cristianesimo in ciò è evidente, ma non fu l'unica causa che portò a tale cambiamento morale. Infatti, in tutto ciò vi era opportunismo e un fine pensiero, ossia quello di conquistare per integrazione e non attraverso dispendiose guerre. Fatto sta che tale umanità la si estese anche agli animali, infatti il famoso politico ed intellettuale di Costantinopoli Temistio, nel 369 d.C., si compiacque di come Valente invece di sterminare i Goti, dopo aver distrutto la loro terra, strinse con loro un accordo. Bisogna però dire che Valente, come ogni altro imperatore, non li sterminò perchè sapeva che all'Impero serviva manodopera per l'agricoltura e uomini per l'esercito, d'altronde per proteggere i confini servivano soldati e cinicamente era meglio che morissero mercenari barbari piuttosto che cittadini. Nello stesso discorso, per motivare la sua condivisione alla scelta di Valente, sostenne che non si poteva annientare il popolo Goto, quando l'Impero si faceva portatore della sopravvivenza degli elefanti della Libia o degli ippopotami del Nilo. Tale affermazione ci fa capire che i romani estesero la loro umanità agli animali, ma solo a quelli a rischio d'estinzione, poichè per i Romani vedere gli animali trucidati nelle arene era uno dei passatempi preferiti. Nonostante la sconfitta di Adrianopoli e il conseguente reclutamento accelerato di molti barbari tra fila dell'esercito sia come soldati regolari, sia come mercenari, alcuni filosofi continuarono ad insistere sulla necessità di integrarli, nonostante le tensioni sociali provocate dai soprusi dei mercenari germanici che spesso sfociavano in rivolte. Infatti, durante il regno di Teodosio molti continuarono a vedere l'imperatore come padre di tutti i popoli e non solo dei Romani. Dopo di lui, tuttavia, almeno in Oriente dove questo problema era nato e si era diffuso, si decise coraggiosamente di dire basta con il reclutamento di contingenti germanici e il problema allora ricadde sull'Occidente ed è ciò che porterà al suo collasso.

Fonte: Alessandro Barbero; 9 agosto 378, Il giorno dei Barbari; ed. Laterza; 2022.

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