La storia longobarda purtroppo non è trae più note, anche se la loro civiltà, unita a quella latina, contribuì a plasmare la nostra cultura. I Longobardi, popolo germanico che diede vita, nella seconda metà del VI secolo, ad un forte stato romano-barbarico, in grado di scacciare da gran parte della penisola italica i bizantini, lasciarono in eredità alla cultura italiana innumerevoli elementi lessicali, architettonici, artistici, giuridici e nondimeno una nuova struttura societaria, attraverso l'introduzione di nuovi usi, costumi e tradizioni, rompendo con la secolare, se non millenaria, cultura romana. Per tali ragioni, oggi vorrei mettere in evidenza i lasciti della cultura longobarda in quella italiana. Prima di tutto partirei dal lessico, dal momento che la lingua è probabilmente uno degli elementi fondamentali in cui una società si riconosce. Per esempio, "barba" che compare nello stesso editto di Rotari e che in piemontese sta per zio, ma anche altre come staffa, briglia, sperone, federa, ricco, russare, scaffale, balcone...sono molti i termini derivanti dall'etimologia longobarda e rimasti nel nostro vocabolario. Non solo, ma diversi nomi di città derivano dall'epoca longobarda. Infatti, tutti quei borghi o paesini che contengono il vocabolo "fara" risalgono all'epica che stiamo esamindando. La fara era un villaggio formato dagli appartenenti ad una stessa famiglia, di solito situato in posti strategici, come un passo, vicino ad un fiume, all'intersecazione di due strade... L'architettura ebbe una rinascita al tempo di Liutprando, in quella fase chiamata dagli storici la "Rinascenza Liutprandea", in cui c'è un tentativo di recupero di forme e stili antichi, sebbene con le differenze portate dal retaggio culturale del popolo germanico. A tal proposito possiamo citare alcuni edifici risalenti al periodo come la basilica di San Salvatore, la Pieve di San Giorgio in Valpolicella, l'altare del duca Ratchis, il Battistero di Callisto ed infine, il bellissimo Tempietto longobardo e il palazzo reale di Corteolona. Ovviamente, negli antichi possedimenti del principato di Benevento, sono sopravvissute chiese e monasteri longibarde, una su tutte la chiesa di Santa Sofia. Vale la pena ricordare anche l'abilità scultorea del popolo dei Winnili, antico nome del popolo longobardo, tra le più raffinate in epoca altomedievale. Un esempio sono i plutei di Teodote, la lastra con pavone. Meno rilevante fu la pittura, ad accezione della miniatura, in cui questo popolo era maestro. Detto ciò, i Longobardi sono celebri in particolar modo per la lavorazione dei metalli, specialmente nell'oreficeria, campo in cui realizzarono innumerevoli capolavori: "la chioccia con i pulcini", "la crice di Agiulfo" "la Croce di Desiderio", l'evangelario di Teodolinda, il pugnale di ferro con guarnizioni in oro ritrovata nella Necropoli di Castel Trosino del VII secolo e forse la mitica Corona Ferrea.
L'abilità nella lavorazione dei metalli, a differenza dell'arte pittorica, era dovuta allo stile di vita nomade dei germanici che non rimanevano a lungo in un territorio, perciò non erano soliti costruire edifici in muratura e pitturarne le pareti e perciò svilupparono l'arte della fabbricazione di armi, gioielli e altri oggetti facilmente trasportabili. Come accennato, la conquista della penisola e il suo governo, mutarono anche la sua tradizione giuridica, permettendo l'introduzione di nuovi istituti giuridici e modificandone altri. Tale processo, deve molto alla codificazione dell'editto di Rotari, dal nome del re che volle redigerlo. La raccolta mirava a mettere per iscritto le secolari consuetudine del popolo longobardo. Un ruolo centrale di custodia del diritto longobardo era svolto dall'esercito, il fulcro della società. Infatti, i depositari delle cawarfidae, ossia le consuetudini del popolo longobardo, era l'assemblea degli uomini liberi, corrispondente ai guerrieri, la quale eleggeva anche se solo formalmente il re. Pensate che si diventava quando si poteva iniziare a combattere. Tuttavia nei territori sottomessi, continuarono a convivere il diritto Latino e quello longobardo, poiché I due popoli erano liberi di seguire il proprio e ciò si ricconnette al fatto che inizialmente i Longobardi erano re del loro popolo e non del territorio che controllavano.
Nelle campagne, uno strato di medi e piccoli proprietari romani non scomparve mai. Infatti, si può sostenere che una gran parte della popolazione romana, in città come in campagna, rimase in condizioni di libertà. Inoltre, non essendoci traccia di divieti di matrimoni misti, anche se probabilmente ostacolati, la fusione tra i due gruppi procedette rapidamente. Questo processo di fusione venne agevolato dalla conversione dei Longobardi al Cattolicesimo. In ogni caso, il loro più grande lasciato fu sicuramente la trasformazione della struttura societaria e della cultura delle genti italiche. La penisola passava dall'epoca antica a quella medievale, mentre nel resto d'Europa la trasformazione era già avvenuta da decenni. Nondimeno, la vittoria di Carlo Magno sui Longobardi, impedì all'Italia di diventare un'unica entità statale, come era stata nei secoli precedenti, ma anzi rimanendo divisa fino al 1861.
Fonti:
Le leggi dei Longobardi, Storia, memoria, diritto di un popolo germanico; a cura di Claudio Azzara e Stefano Gasparri; Viella - Editrice La Storia; 2005.
Storia dei Longobardi; Jörg Jarnut; edizione speciale per Il Giornale; Giulio Einuadi Editore S.p.a.;Torino; 2002.
Il futuro dei Longobardi, l'Italia e la costruzione d'Europa di Carlo Magno; a cura di Carlo Bertelli e Gian Pietro Brogiolo; Skira editore; Genova-Milano; 2000.