Il Diritto Longobardo

Illustrazione longobarda

Quando si parla di diritto longobardo, la prima cosa a cui uno  pensa è l'editto di Rotari, promulgato nel 643. La copia più antica del  manoscritto a noi pervenuta è databile intorno al 700, quindi risalente a pochi decenni dopo. Sebbene l'editto sia una corposa e importantissima raccolta di leggi di questo popolo, il diritto longobardo andava oltre all'opera di Rotari. Infatti, l'opera del re longobardo non metteva per iscritto tutte le consuetudini di questo popolo, ma solo una parte. In più vi erano delle "leggi", che venivano emanate dal re, ma con valenza provvisoria, oppure si riferivano a qualcosa o a qualcuno in particolare. Inoltre, va detto che l'editto era valido solo per i Longobardi e perciò era un diritto personale, ossia che seguiva  l'individuo, a differenza del diritto che si applica all’interno di un territorio, che ha valenza per chiunque vi si trovi, principio usato negli ordinamenti occidentali ed in gran parte delle nazioni contemporanee. Le leggi, come altre decisioni nevralgiche per il regno, venivano discusse ed eventualmente approvate in seno all'assemblea degli uomini liberi, ossia di coloro che facevano parte dell'esercito, la "Gairethinx". L'editto di Rotari del 643 venne adottato proprio in tal maniera. A giudicare i singoli casi erano il re, i duchi e i gastaldi, ossia le varie autorità governative del regno, ovviamente essi venivano coadiuvati da più collaboratori che Liutprando definì come una sorta di giudici, anche se il potere di giudicare era in capo al re.
Riguardo al contenuto dell'editto di Rotari, bisogna notare che i Longobardi non furono in grado di affinare il pensiero giuridico ad un livello tale, come invece fecero i Romani, da codificare leggi generali ed astratte. Infatti, la maggior parte dell'editto di Rotari si limitò ad elencare una serie di sanzioni da comminare al responsabile di un dato crimine. Per esempio, per farvi avere un idea, vi riporterò le sanzioni che sarebbero state comminate a colui che avesse staccato l'alluce di un uomo libero.
Nel caso appena citato la pena sarebbe stata di sedici solidi, ossia le monete d'oro di riferimento al tempo, mentre se avesse staccato il secondo dito del piede, avrebbe dovuro pagare sei solidi, il terzo, invece, soltanto tre e così via. La stessa sanzione, ma meno punitiva riguardava il caso in cui il dito fosse stato di un aldio, ossia un uomo semi libero o di uno schiavo. L'alluce del primo valeva 4 solidi, mentre quello del secondo solo 2 e ciò era dovuto al fatto che il loro valore nella società era minore di quello dei Longobardi liberi. Inoltre, va aggiunto che tali sanzioni valevano per ogni parte del corpo e per questo nell'editto si annoverano centinaia di articoli di questo tipo. La pena di morte o la confisca dei beni venivano comminati solo in taluni e specifici casi, come il tramare sulla vita del re che è il primo articolo dell'editto, il tentativo di fomentare una rivolta o anche nel caso in cui in un combattimento si abbandoni un compagno in difficoltà.
Durante il regno di Liutprando si assistette ad una notevole progressione nell'integrazione fra il popolo Romanico e quello Longobardo. Gli usi e costumi diventano quasi gli stessi ed il corpo normativo del popolo germanico iniziò ad avere più elementi di unione con quello romano e con quello canonico.


Per quanto riguarda la descrizione dei singoli articoli del codice, mi sono servito del libro a cura di Claudio Azzara e Stefano Gasparri, Le leggi dei Longobardi, Roma, ed. Viella, seconda edizione marzo 2005.

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