La Vita in una Città Medievale: Mondovì

Foto di Piazza Maggiore

Il comune di Mondovì intorno al XIV secolo era la città più popolosa del Piemonte, con circa 25000 abitanti, cifra molto elevata, dal momento che Roma nello stesso periodo ne aveva circa quaranta o cinquanta mila, secondo le stime degli esperti. Innanzitutto, Mondovì venne riconosciuta civitates nel 1388, quando papa Urbano VI nella bolla dell'8 giugno del 1388 sancì la nascita di Mondovì come sede Vescovile. Infatti, solo il papa e l'imperatore potevano concedere ad un comune tale privilegio. In ogni caso, Mondovì era anche una città molto ricca, anche perché situata in una posizione strategica, tra le Alpi, il mare, le Langhe e la pianura Padana. In particolare, la città aveva il suo centro in quella che oggi è chiamata Piazza Maggiore, sul Monte allora chiamato di vico. 

Piazza Maggiore, senza nulla togliere a come si presenta oggi, doveva possedere un fascino non indifferente e molto medievale. Infatti, intorno al XIV e XV secolo, al suo centro era piantata una quercia, circondata da marmo e poi da mattoni di terracotta, il tutto in in simbiosi con la morfologia del terreno, leggermente in discesa, un po' come si presenta oggi la magnifica Piazza del Campo di Siena. Proprio a partire dalla piazza centrale, il centro nevralgico di ogni comune, in cui si svolgeva la vita pubblica, sociale e commerciale si sviluppava la cittadina. Le case erano, nei primi anni del XIII secolo, in legno, raramente in muratura. Le vie si presentavano strette, ripide e tortuose, oggi a Monodvì se ne può osservare ancora una. Affacciate sulla piazza centrale vi erano la casa del podestà e quelle dei cittadini più importanti e facoltosi.

La vita pubblica era molto sentita dai cittadini, a cui partecipavano attivamente e con attenzione, poichè rappresentava il simbolo della loro libertà, oltre ad essere il luogo in cui si prendevano le decisioni volte a a favorire il bene collettivo. Infatti, il Montregale, nome antico di Mondovì sorse attraverso un patto sociale che univa uomini, donne e bambini di diverse comunità ed estrazione sociale, come contadini e piccoli artigiani, ricchi proprietari terrieri, mercanti e signori locali, ma tutti accomunati dal voler essere liberi. Sebbene, come già scritto in altri articoli di Biblioteca Storica, Mondovì sarebbe stata fondata nel 1198, mentre secondo altri il libero comune di Mondovì sarebbe diventato tale a tutti gli effetti, solo a partire dal 1210, quando una coniuratio popolare decretò che si sarebbero dovute osservare le consuetudine di Vico antico, ora messe per iscritto, come una sorta di pre-statuto cittadino. Partiamo proprio da qua per spiegare la vita in una città medievale, ossia dalle sue leggi e dal suo governo. Il governo cittadino, inizialmente, era formato da un "consiglio di credenza" di sapienti qualificati ed eletti da i tre terzieri, divisi in base alla provenienza dei residenti, ossia quello di Vico, di Carassone e quello delle valli di Grignasco. Il comune, come accennato in precedenza, si dotò nel 1210, attraverso un atto solenne e con l'approvazione del loro signore, il vescovo di Asti, di un primo regolamento, definito pre-statutario, come base della sua costituzione civica.

La base scelta, erano le consuetudini degli abitanti di Vico. Di conseguenza, le consuetudini del terziere di Vico vennero estese a tutti gli altri abitanti del nuovo libero comune. Da quel momento, il governo cittadino incominciò ad essere retto da un podestà, nominato dal vescovo, fra tre candidati scelti ed inviati dal consiglio maggiore, in altre realtà chiamato consiglio generale, ossia un organo formato dai cittadini maschi del comune, che controllavano ed indicavano la politica da perseguire insieme al podestà e corrispondevano indicativamente ad un'assemblea legislativa. Il podestà veniva coadiuvato e controllato nel suo lavoro da un vicario del vescovo. Successivamente venne creato un consiglio privato, più ristretto, dal momento che era formato da nove "sapienti", tre per terziere, che coadiuvavano il podestà nell'esercizio delle sue funzioni. Nei comuni medievali vi era molta vitalità e prosperità, dovuta alla voglia di iniziativa dei suoi abitanti, favorita dalla mancanza di ostacoli di stampo feudale.

Ovviamente, di contro, i signori feudali non avevano intenzioni di rinunciare ai loro antichi diritti. Infatti, a tal proposito, il Vescovo di Asti detenne alcuni privilegi, come la proprietà dei forni e dei mulini, oltre a parte delle pene pecuniarie inflitte ad un cittadino. Mentre altri nobili, ossia i feudatari delle terre vicine come i Marchesi di Ceva, Saluzzo, Morozzo, Busca e Clavesana, minacciati dalla ricchezza del comune, che attirava un numero sempre maggiore di famiglie dalle campagne circostanti, spopolando le loro terre, decisero di unirsi per affrontare i liberi comuni sorti nella zona. Infatti oltre al Monteregale nacquero anche i comuni di Cuneo e Savigliano, senza dimenticare le potenti Alba ed Asti. Intanto, sempre nella prima metà del Duecento, il comune, non più intenzionato a rispondere e conferire parte della sua ricchezza al Vescovo, decise di allearsi con i comuni piemontesi, tra cui la stessa Asti, per difendersi dai signori che minacciavano la loro libertà.

Fonti: Amedeo Michelotti, Storia di Mondovì, ristampa anastatica a cura del Rotary club di Mondovì; Piero Camilla, Statuta Civitatis Montisregalis, riproduzione anastatica e traduzione.

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