Tempo fa analizzammo la storia di alcuni prodotti tipici cuneesi, ma senza approfondire quella del vino, il signore indiscusso delle tavole della regione. Innanzitutto, per parlare della diffusione del vino nel Medioevo, bisogna tener presente il rapporto che il vino ebbe con la cristianità, visto che per celebrare la messa il vino era parte essenziale e perciò necessaria era la sua coltivazione ed è per tale motivo che si deve la coltivazione dell’uva in vaste aree europee, anche quelle in cui climaticamente la vite non era la pianta più adatta, in primis le Isole Britanniche. Tutti noi sappiamo che nell’antica Roma il vino si beveva in quantità non indifferenti, ma dai documenti pervenutici, sembrerebbe che il consumo del vino nell’alto Medioevo, in particolar modo nell’area subalpina e collinare, fosse molto cospicuo, sebbene rimase, almeno fino al XII secolo, una bevanda riservata all’élite. Tuttavia, a differenza di oggi, in cui il vino delle Langhe è rinomato in tutto il mondo, nell’antica Roma il vino che veniva prodotto sulle Alpi Marittime era considerato, almeno secondo Plinio il Vecchio, come scarso, resinoso e aspro. Sarà la rinascita delle città a contribuire alla sua nuova diffusione. Per capire l’importanza che ebbe il vino nel basso Medioevo bisogna tener a mente che per molti strati sociali non era una semplice bevanda, ma un importante nutriente, visto che spesso capitava che nelle tavole dei più poveri scarseggiassero altri alimenti, oltre al fatto che veniva considerato un medicinale. D’altronde, il vino nel Medioevo era un bene che accomunava il ricco e il povero, a differenza di cibi come la carne che erano ad appannaggio delle classi più benestanti. La sua importanza è talmente rilevante che persino in molti statuti cittadini, ossia la raccolta delle consuetudini giuridiche delle realtà comunali, è descritto tutto il processo che segue la trasformazione dell’uva in vino: dalla coltivazione al commercio. Per esempio, nel Medioevo era ritenuto una grave violazione del diritto annacquare il vino, ma non tanto perché così si diluiva la bevanda, ma piuttosto perché gli alcolici erano bevande pure e non contaminate, a differenza dell’acqua che spesso lo era. Pare che il consumo pro-capite fosse molto più elevato di quello odierno, secondo alcune stime fino ad un litro e mezzo al giorno, perché oltre ai motivi sopra citati, vi era meno concorrenza di altre bevande oggi molto diffuse come caffè, tè e bibite zuccherate. Nel Piemonte del tempo l’importanza del vino traspare anche dai numerosi detti che indicano un’attenzione alla genuinità e alla qualità della bevanda. Citiamo alcuni esempi: “i’l vin ch’a fa pissé”, ossia “il vino che fa pisciare”, “’lvin bon a lavé ii pe” “il vino buono a lavare i piedi” o ancora “’l vin mut”, quest’ultima era un’affermazione che indicava vini poco vigorosi. Come saprete, nel Medioevo era predominante la società di antico regime, in cui operavano piccoli, se non piccolissimi, proprietari terrieri che producevano quasi esclusivamente per autoconsumo. Sarà solo attraverso politiche di lungo raggio e mirate, ma comunque dispendiose, per esempio attraverso strategie mercantilistiche e prelievi fiscali non eccessivi che si arriverà al risultato di avere produttori che erano divenuti anche venditori. Tali politiche spinsero i grandi proprietari terrieri, solitamente nobili o alte cariche ecclesiastiche ad investire nel settore, operando con costante impegno nella bonifica di molti di quei terreni che l’esperienza indicava come adatti alla coltivazione della vite. Tuttavia, ad eccezione del moscatello, in Piemonte e nel cuneese non vi erano uve pregiate che sarebbero potute essere commercializzate all’estero consuccesso e quindi la distribuzione rimarrà concentrata all’interno del suddetto territorio. Bisognerà aspettare l’Ottocento per assistere ad un cambiamento in tal senso, con la promozione su scala ultra-regionale di vigneti locali. A proposito del cuneese è interessante notare che le cantine produttrici del più nobile vino piemontese, il Barolo, eccezion fatta per le Cantine Marchesi di Barolo e dei Cordero di Montezemolo, sembrano rappresentare una continuità dei piccoli proprietari terrieri che poco a poco hanno migliorato i loro processi di produzione, mantenendo un legame con la secolare tradizione vinifera locale. Infine, ho deciso di menzionare una piccola differenza giuridica che esiste fra oggi e ieri, a proposito del vino. Infatti, va sottolineato come oggi l’ebrezza è vista come un’aggravante in determinate situazioni, per esempio se ci si mette al volante, nel Medioevo, invece, era vista come un’attenuante nella commissione di reati.
Fonte: Famiglie Nobili e Borghesi; a cura di Francesco Giannazzo di Pamparato; Associazione Piemonte Cultura, 2002; Torino.