LE ORIGINI DEL POPOLO LONGOBARDO
Molto di quello che si conosce sulle origini e la storia del popolo Longobardo è dovuto a Paolo Diacono e alla sua opera “Historia Longobardorum”. L’opera però, omette la fine del regno, poiché termina durante l’epoca d’oro di Liutprando. Paolo Diacono era lo pseudonimo di Paul Warnefried o Paolo di Varnefrido o anche Paolo di Warnefrit (Cividale del Friuli, 720 circa – Montecassino 799) è stato un monaco cristiano, storico, poeta e scrittore longobardo di lingua latina. Paolo Diacono discendeva dalla nobile famiglia longobarda dei Warnefrit, essendo discendente di Leupchis, guerriero che affiancò il re Alboino nel passaggio dei Longobardi dalla Pannonia all'Italia e dalla celebre regina Letingia Teodolinda (in longobardo Theodelenda, mentre in latino Theodelinda). Nell’Historia Longobardorum si dice che i longobardi fossero di origine scandinava, precisamente dalla Scania punta meridionale della penisola, ma alcuni sostengono che questa tradizione si basi su quella dei Goti. Tuttavia, di recente sono state scoperte prove archeologiche riconducibili ai Winnili, antico nome del popolo longobardo. La prima tappa della loro migrazione fu verso la Scoringia, verso il primo secolo a.C., che secondo lo storico Jarnut, in antico tedesco significherebbe “terra di scogli o rocce”. Per tali ragioni si suppone che la terra di rocce e scogli che raggiunsero fu l’isola di Rugen, oppure la costa di fronte ad essa, caratteristica per le scogliere a picco sul mare. In questo luogo entrarono in conflitto con la potenza egemone della Germania centro-orientale, i Vandali, che però vennero sconfitti. Probabilmente, a causa di una carestia migrarono verso la Mauringa, terra di plaudi e acquitrini corrispondente probabilmente alla zona dei laghi del Meclemburgo occidentale. Qui si scontrarono con il popolo degli Assipitti, di cui non si conosce ancora nulla o quasi. Qui Paolo Diacono racconta che per incrementare le loro fila dell’esercito i Longobardi liberarono numerosi schiavi. Si capisce che quindi, fin da subito, il popolo longobardo era composto da diverse etnie. Per poi stanziarsi nella Golanda, riconducibile alla brughiera di Luneburgo (oggi Bassa-Sassonia nei pressi di Amburgo). I longobardi furono sconfitti dalle legioni di Tiberio nella sua campagna germanica, in cui Augusto voleva stabilire il confine sull’Elba; ricacciandoli sulla sponda destra del fiume. Valleio Patercolo, magistrato, storico e militare che seguì il futuro imperatore scrisse: “Furono vinti i Longobardi, popolo addirittura più feroce della ferocia germanica”. Parteciparono e si distinsero nella battaglia di Teutoburgo 9 d.C., nonostante un numero esiguo di soldati. Tacito nella sua opera Germania, scritta nel 98. d.C., conferma che i Longobardi erano stanziati ancora nel medio-basso Elba, sebbene secondo lui facevano parte del popolo Svevo e di grande valore. Dopo la sconfitta nelle guerre marcomanniche, combattute fra il 167 e il 189, i Longobardi non furono più nelle condizioni di impensierire Roma e ciò significherebbero che erano un popolo di dimensioni ridotte. A questo punto, verso la fine del IV secolo, buona parte di loro, ma non tutta, si spostarono più a sud, non si sa con certezza dove, ma secondo la storiografia moderna i territori di Anthaib, Bainaib e Burgundaib, corrisponderebbero alla Bassa Austria o alla Boemia. Cosa spinse i Longobardi a migrare non è dato saperlo con certezza, ma potrebbe aver a che fare con la situazione geopolitica di quel periodo. I Visigoti pressati da Unni e Sassoni furono costretti a chiedere a Valente di superare il Danubio, questa concessione a cui vanno aggiunte altre varie situazioni portarono alla celebre disfatta romana di Adrianopoli del 378 a.C., che cambiò inevitabilmente la storia dell’Impero. Tutto questo portò loro a migrare verso sud, anche spinti dalla gloria e dal saccheggio. In questo periodo i Longobardi diventarono a tutti gli effetti un popolo di soldati e conquistatori, mentre il lavoro nei campi fu lasciato alle popolazioni sottomesse con lo status di semi-liberi, chiamati aldi. Intanto la monarchia aveva accresciuto notevolmente la sua forza sotto i Leti. I Letingi regnarono per circa cento anni con sette re. Non tutti concordano sul fatto che i Longobardi fossero o meno governati da un re fin dalle prima fasi della migrazione. In ogni caso è da ritenere plausibile poiché una figura reale aiuta a tenere unito un popolo, specialmente in tempo di guerra, come facevano molte tribù celtiche, germaniche, come i Goti e gli antichi Liguri. Verso la fine del V secolo, a seguito di lotte tra i Rugi e Odoacre, i Longobardi si insediarono nel Marchfeld, regione collocabile tra Vienna e Bratislava. Con la vittoria sui loro dominatori, gli Eruli, avvenuta stando a Procopio nel 508, divennero la potenza egemone del medio corso danubiano, grazie al tesoro erulo e alle genti germaniche che accrebbero il loro esercito, prassi tra le popolazioni barbare. Nel 526 con la morte di Teodorico, che mise in crisi il Regno ostrogoto, sottomisero gli Suebi e occuparono la Pannonia, l’area dell’attuale Ungheria. Pochi anni più tardi, in seguito ad accordi con Costantinopoli ottennero anche il Norico. Inoltre, con la conquista della Pannonia, il vecchio popolo dei Winnili entrò in contatto con la popolazione di origine latina che abitava nella vecchia provincia romana. In ogni caso, in quelle terre i Longobardi entrarono in contatto con quel che rimaneva del sistema economico-sociale romano, che seppur notevolmente minato presentava ancora una fitta rete di strada, edifici in muratura, tradizioni, istituti giuridici…Tant’è che anche questo popolo germanico venne influenzato dal mondo romano tardo-antico. In più, in Pannonia svilupparono il sistema di governo territoriale che adotteranno dopo la conquista del Nord Italia con Alboino. Durante il regno di Audoino, Giustiniano si avvicinò alla nuova potenza germanica, offrendoli la Savia, regione corrispondente alle attuali Slovenia e Carinzia, in qualità di federati dell’Impero. Nel corso degli anni cinquanta del 500, durante la guerra greco-gotica, i Longobardi adottarono le cariche di “dux” e “comes”, che segneranno le storie dell’Italia longobarda. Tutto ciò, incrementò l’avvicinamento alla cultura latina del popolo proveniente dalla Scandinavia. Tuttavia, nonostante il sostegno dato dai Longobardi ai bizantini in Italia, contro gli ostrogoti di Totila e in Oriente contro i Persiani, l’aiuto bizantino ai Longobardi contro i Gepidi lasciò un po’ a desiderare, anche perché Giustiniano aspirava ad un bilanciamento fra le due forze, evitando così che una delle due potesse diventare un eventuale minaccia per il suo stato, perciò Audoino si avvicinò ai Franchi. A lui succedette il figlio Alboino, nel 560 circa, che strinse un accordo con gli Avari, in cui si sanciva che in caso di sconfitta Gepida, il territorio di questi sarebbe andato a loro. La vittoria del 567 sui Gepidi, che sparirono dalla storia come regno, ampliò notevolmente le schiere dell’esercito Longobardo, poiché molti guerrieri o uomini delle terre vinte si sottomisero ad Alboino, spinti anche dalla possibilità di crearsi una nuova posizione sociale distinguendosi in battaglia. Per questo il grande esercito di Alboino con cui arrivò in Italia non era formato solo dai Longobardi, ma anche da Sassoni, Gepidi, Unni, Sarmati, Svevi, oltre a Romani appartenenti alle ex province della Pannonia e del Norico.
ALBOINO CONQUISTA L'ITALIA
Alboino sarà colui che porterà alla gloria il suo popolo, dopo un viaggio durato più di mezzo secolo: iniziato nelle fredde terre scandinave e terminato nelle fertili, ricche di tesori e cultura terre della penisola italica. Alboino aveva capito che gli Avari, con l’occupazione del vecchio territorio appartenuto ai Gepidi, si erano notevolmente rinforzati e messi in una posizione di superiorità, oltre al fatto che i sui guerrieri sentivano il bisogno di conquistare e razziare, dal momento che percepivano questa vittoria quasi come una sconfitta. Per queste ragioni nel 568, alla testa di circa centocinquantamila Longobardi, di cui circa ventimila erano Sassoni, sebbene i guerrieri si stima fossero circa 30000, marciò verso l’Italia, sfruttando le antiche strade romane della Pannonia e varcando l’Isonzo. La resistenza bizantina si rivelò subito debole, anche perché le guarnigioni si asserragliarono dietro le città fortificate, come usanza dell’Impero, sperando che quella longobarda fosse un’invasione per razziare e rapire per poi chiedere riscatti in oro. Così non fu, ma anzi ciò rappresentava l’inizio della fine del sogno della “Restauratio Imperii” voluta da Giustiniano, ma sfumata subito dopo la sua morte, con il suo successore, nonché nipote da parte della sorella, Giustino II, poiché oltre all’Italia perse i domini in Spagna e Africa. La prima città importante a cadere fu Cividale del Friuli (Forum Iulii), quella che sarà anche la capitale del primo e potente ducato Longobardo in Italia. Questo avamposto doveva servire come difesa per un eventuale attacco bizantino. Tra l’estate e l’autunno sempre del 568, caddero rapidamente anche le città di Aquileia, Vicenza e perfino Verona, l’antica e ben fortificata città dove spesso risiedeva anche il re Teodorico il Grande, che le restituì gli antichi fasti e ne migliorò le fortificazioni. Proprio a Verona Alboino insediò il suo primo quartier generale. Nel 569 cadde anche Milano, oltre a quasi tutti gli altri centri minori, in quella che diverrà la Lombardia e del Piemonte, come Torino e Asti, capitali dei futuri ed omonimi ducati. I Longobardi si insediavano, oltre che nelle città conquistate, anche in luoghi strategici come intersezioni di fiume e strade e alture, in modo da controllare meglio il territorio. Molti di questi villaggi, che di solito prendevano la denominazione di fara, che in alcuni casi conservano tutt’oggi, erano abitati dai membri di una stessa famiglia, allargata. La fara era l’unità militare alla base dell’esercito e della piramide sociale, formata da membri della stessa famiglia. Il termine “Lombardia” deriva da come i bizantini chiamavano le regioni d’Italia sottomesse ai Longobardi, ossia la Longobardia. La resistenza bizantina si concentrò a Pavia, che cadde solo dopo tre anni di assedio, per poi divenire capitale del Regno Longobardo. Pavia fondata dai Romani con il nome di Ticinum, ma divenne molto importante e ricca durante il regno dei Goti. Teodorico fece costruire un palazzo, dei bagni, un anfiteatro e nuove mura. Durante l’assedio di Pavia Alboino estese i suoi possedimenti anche nella Tuscia, indicativamente corrispondente alla Toscana. Non è facile spiegare la quasi totale mancanza di una difesa congiunta bizantina. Probabilmente ciò fu dovuto, oltre al difendere le città sperando che gli invasori se ne andassero dopo aver depredato le campagne, è che l’Italia era devastata è stanca dalla decennale guerra greco gotico, combattuta fra il 535 e il 553. In più l’Impero non era in grado di inviare nuovi contingenti militari in Italia, anche perché era occupato in una nuova guerra contro i persiani e perciò preferì difendersi dietro le mura cittadine, lasciando così l’iniziativa agli invasori. Infine, bisogna anche ricordare che il grande generale eunuco Narsete, nonché Prefetto del Pretorio fino al 564, venne richiamato a Bisanzio nel 564 da Giustiniano e quindi non prese parta alla difesa dell’Italia, compito che spettò al suo successore Longino. Narsete morì nel 574 a Roma all’età di 95 anni. La leggenda lo vorrebbe promotore dell’invasione longobarda, come vendetta nei confronti dell’imperatrice Sofia, consorte di Giustino II, ma oggi ritenuta del tutto infondata. Gli Eruli e gli Ostrogoti, si stanziarono in Italia come federati di Bisanzio, e quindi sottomessi, seppur solo formalmente, all’autorità imperiale, per esempio battendo moneta in suo nome. Infatti, Odoacre prima e Teodorico poi, governarono l’Italia in veste di patrizi, in qualità di vicari dell’imperatore. I Longobardi invece, si posero come nemici dell’impero romano d’Oriente e quindi rappresentavano una rottura con il mondo Latino, segregando questa componente ai margini della società. I ricchi feudatari e nobili latini che erano sopravvissuti alla dura guerra greco gotica, vennero espropriati dei loro beni, se non uccisi. Tale atteggiamento continuò con il successore di Alboino Clefi. Tuttavia, i Longobardi lasciarono ai vinti il diritto di seguire i loro istituti giuridici, permettendo così un’ibridazione dei due sistemi giuridici. Ciò venne favorito, inevitabilmente, dal fatto che le norme longobarde erano tramandate oralmente e si affermarono in quanto consuetudini, chiamate cawarfidae e custodite dall’assemblea del popolo in armi. La stessa lingua germanica venne abbandonata per gli atti ufficiali quasi immediatamente dopo l’arrivo in Italia, mentre a livello quotidiano bisognerà aspettare qualche decennio, ma poi data la netta minoranza della comunità longobarda, rispetto a quella romana, sparì completamente, non però senza aver portato nel vocabolario latino, sebbene già fosse un po’ volgarizzato, nuovi termini. Oltre alla lingua italiana anche i singoli dialetti vennero influenzati; il termine masca, strega in piemontese, deriva dal longobardo. Al contrario, l’impianto amministrativo di derivazione imperiale, rimasto in uso fino a quel momento, venne spazzato via. L’Italia entrava, con un po’ di ritardo, nel Medioevo.
Fonti: Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, Skira editore, Milano, 2017; Jorg Jarnut, Storia dei Longobardi, Edizione speciale per Il Giornale Giulio Einaudi editore S.p.a., Torino, 2002.