Oggi affronteremo, come avrete capito dal titolo, il tema della domesticazione degli animali e delle piante nel neolitico, immaginando di trovarci in un villaggio del nord Italia della metà del VI millennio a.C. e quindi nella prima fase del Neolitico nella regione, dal momento che in Medio Oriente, l’età della pietra nuova, iniziò intorno al 9000 a.C. La nuova idea si diffuse seguendo due vettori: il Danubio e il Mar Mediterraneo. Detto ciò, il villaggio che abbiamo immaginato, sorge non lontano da un fiume e non è un caso. E' formato da una dozzina di capanne rettangolari, realizzate in legno e con il tetto in canna di palude. Una dozzina di abitazioni fanno dell’abitato un centro di una discreta rilevanza, sebbene è riscontrato il fatto che nel Neolitico esistevano già delle piazze centrali con funzioni economiche, sociale e religiose che svolgevano nei fatti funzioni di polo federativo degli insediamenti che sorgevano nei suoi dintorni. E’ estate, fa caldo e osserviamo alcuni uomini vestiti in lino che parlando fra loro, scrutano attentamente un ragazzo, il cui nome non potremmo mai saperlo, dal momento che le popolazioni del neolitico non ci hanno lasciato prove scritte. Il ragazzo sta giocando insieme ad un cucciolo di cane dal colore grigio, con un pelo non eccessivamente lungo, orecchie dritte e muso allungato, quindi tutti tratti somatici che lo fanno assomigliare ad un lupo di oggi, ma con caratteristiche che lo diversificano, anche caratteriali e che potrebbero spostare il paragone più nei confronti di un husky o di un basenji, razze di cani molto antiche e con un peculiare portamento. Il ragazzo sa che un buon addestramento, consentirà a lui e alla sua famiglia di contare su un fidato alleato nella caccia e nella custodia del bestiame. Il cane può essere definito come il più antico animale che l’uomo abbia addomesticato, probabilmente già verso la fine del Paleolitico nell’Europa nord-occidentale. Se spostiamo la nostra visuale poco più in là, notiamo alcuni recinti, al cui interno pascolano bovini e caprini, ma non vediamo cavalli. Infatti, i cavalli non saranno ancora addomesticati in Europa almeno per altri due mila anni. Per prima cosa notiamo che i bovini sono più possenti rispetto a quelli moderni, poiché discendevano dagli uru, ossia un grande bovino selvatico diffuso in Europa, Asia e Africa ed estintosi “solo” tra il XVII e il XVIII secolo. La mandria che stiamo esaminando ha colori tendenti al nero e al rossiccio e sono dotati di grandi corna piegate in avanti. Vicino a loro, vediamo in numero ben maggiore, capre e pecore, la cui domesticazione risale a circa undici mila anni fa e quindi di alcuni millenni precedente alla vacca, in quanto più duttili, poiché venivano allevate per la carne, il latte, la pelle e la lana, con cui fabbricavano tessuti. Nondimeno, avevano bisogno di meno spazi aperti per nutrirsi rispetto ai bovini. D’altronde fino al Medioevo, l’allevamento di caprini superava in numero quello di bovini. Non sono ancora allevati i maiali, anche se quest’ultimi troveranno ampia diffusione al tempo degli Etruschi. Non è da molti secoli che l’agricoltura è stata introdotta e sviluppata dal clan che stiamo osservando, basti pensare che l’agricoltura giunse nel vecchio continente dalla mezzaluna fertile, in cui appresero la tecnica dell’agricoltura circa undici mila anni fa, dal momento che il ritmo con cui si espandeva la nuova tecnica, era di circa un chilometro l’anno, anche se bisogna tenere presente che l’espansione era dovuta a piccoli spostamenti o esplorazioni di qualche chilometro per volta. Gli uomini del villaggio, all’inizio della stagione primaverile, hanno bruciato ampie aree boscose, in modo tale da poter piantare nuove piantagioni di lenticchie, dal momento che non avevano altri strumenti adatti per disboscare o per smuovere il terreno, eccezion fatta per la zappa, con cui si rompevano le zolle più superficiali. L’aratro verrà ideato soltanto nel 5000 a.C. Inoltre, non essendoci concimi, dopo alcuni anni le aree utilizzati per la coltivazione venivano abbandonate in favore di altre più fertili. Tuttavia, è presumibile che sia la semina che la raccolta fossero compiti ad appannaggio della donna, mentre il disboscamento, l’allevamento e la caccia, spettassero agli uomini. In ogni caso, perché il processo che portò all’adozione sistematica dell’agricoltura, iniziò nella mezzaluna fertile? Probabilmente perchè, nonostante l’aridità stagionale, era una regione in grado di garantire raccolti regolari, agevolati dalla presenza di grandi fiumi e di un clima mite. Nel Medio Oriente le piante più coltivate, a partire almeno dall’Ottomila a.C., furono il grano e l’orzo, ossia i primi cereali ad essere coltivati, sebbene la loro raccolta regolare risalga a diversi millenni prima. In Europa però, non esisteva il grano, ma le popolazioni del neolitico domesticarono piante come i piselli, le fave e le lenticchie, ma la scarsa resa non permise di abbandonare l’attività millenaria di raccoglitori-cacciatori. Ed infatti, nel Neolitico, specialmente nelle zone più periferiche dell’Europa, la caccia a caprioli, cinghiali, cervi e stambecchi fu molto praticata. Tuttavia, resta un quesito a noi moderni, come mai l’uomo iniziò la domesticazione delle piante e degli animali? Sicuramente un primo motivo è relativo al tentativo di migliorare la sua condizione, ma non è da escludere una motivazione piscologica, ossia quella di dominare la natura. Riguardo all’allevamento, oltre alla motivazione piscologica di essere proprietario di un altro essere vivente e il relativo peso sociale che poteva comportare, ossia prestigio e ammirazione, è ovviamente la risorsa alimentare, ma anche energetica, in quanto gli animali potevano essere usati come forza lavoro. Invece, per quanto riguarda lo stile di vita sedentario, furono molteplici le cause che favorirono uno stile di vita sedentario che permise, fra l’altro, l’interazione e l’allargamento dei gruppi umani, tanto che si vennero a creare villaggi che talvolta raggiunsero dimensioni di centri protourbani. Ovviamente, ai vantaggi di poter contare su gruppi parentali e non solo di maggiori dimensioni, compresa una maggior divisione dei compiti, si assistette alla nascita di alcuni problemi. In primis, si abbassò l’altezza media, dal momento che diminuì l’assunzione di proteine, a fronte di una dieta più ricca di carboidrati e di conseguenza aumentarono anche i problemi ai denti, a causa di carie legate al consumo di zuccheri e amidi, ossia farina e pane. Inoltre, aumentarono le malattie legate all’assunzione del latte non pastorizzato, come la tubercolosi spinale e il proliferare di numerosi parassiti che passavano dagli animali all’uomo, agevolato da un contatto sempre più marcato. Infine, la vita negli insediamenti permanenti, favorì una gerarchizzazione della società e sorsero i primi problemi legati alla proprietà privata che a volte sfociavano anche in conflitti fra cacciatori-raccoglitori, allevatori seminomadi e popoli stanziali che prediligevano l’agricoltura, oltre alle ovvie tensioni fra popolazioni di culture differenti.
Fonti: Storia dell’economia mondiale, Dall’antichità al Medioevo; a cura di Valerio Castronovo, Editori Laterza, 1996, Bari; Sandro Caranzano, Gli Antichi popoli del Piemonte, Edizioni del Capricorno, 2021,Torino.